“Le lenze, per l’Eging: nylon, fluorcarbon, dyneema”

Le Origini:

Prima dell’avvento del filo di nylon, l’uomo ha provato ad utilizzare una corda sottile, poi fili vegetali ma tutti erano poco resistenti. Qualcuno ha provato anche con i crini del cavallo intrecciandoli sfalsati per ottenere lunghezze notevoli e fili resistenti e flessibili. Gli egizi utilizzavano per la pesca corde in fibra di palma o lino, con cui fabbricavano reti e legavano arpioni, ami in bronzo e osso e scandagli di corda con una pietra all'estremità. Sulla tomba della principessa Idut (VI dinastia), risalente al 2300 a.C. è raffigurata una lenza con quattro ami. Altri reperti egizi del 1500 a.C. testimoniano come già a quel tempo le civiltà più evolute conoscessero tecniche di pesca piuttosto raffinate. Il filo per le lenze poteva essere di lino ma anche di crine di cavallo o setole di cinghiale, e sufficientemente robusto da sopportare il peso e gli strattoni del pesce catturato.

 


Mosaico rinvenuto in una tomba etrusca risalente al 520/510 a.C. Si noti l'uomo raffigurato a sinistra che sembra praticare un tipo di pesca simile a quella attuale definita a bolentino. (Tarquinia - Necropoli dei Monterozzi).

La lenza è il trait d'union tra il pescatore e il pesce e dovrà quindi essere dimensionata in base alle dimensioni della preda, ma anche alla sportività del pescatore, il quale dovrà sempre darle almeno una possibilità di cavarsela. I primi scritti che menzionano delle lenze risalgono al 1490 da un noto mercante di Odessa, Alexander Mandalavich,il quale parla di una lenza composta con diverse resine ricavate da una tipologia di pianta appartenente alla categoria delle erbacee Malaerbus. Utilizzata inizialmente come collante per le zattere. Si è avuto il successo di questa invenzione solo grazie all'uso diretto di Cristoforo Colombo, che le utilizzò come merce di scambio con gli indigeni delle terre appena scoperte. Da quel momento l'utilizzo della lenza rivoluzionò lo stile di vita degli autoctoni. Tuttora in alcuni paesi si ricorda ancora quel memorabile giorno in cui la civiltà entrò a tutti gli effetti all'interno delle nuove terre scoperte.

I fili di cui parleremo sono due,il trecciato(dyneema) e il fluorcarbon.

Solo una breve pausa in merito alla giunzione di questi due fili.In questo articolo trattero’solo generiacamente  come unire il fluorcarbon al trecciato .Questo perché dopo tanti e ancora tanti anni di pesca, vedo ognuno di noi ha un nodo preferito che gli da maggiore sicurezza.Posso solo citarne alcuni di congiunzione, tra cui il nodo Albright, il Tony Pena,l’FG, oppure si puo’ utilizzare un Rotocknotter per eseguire il nodo che a mio avviso ha la migliore tenuta, ossia il PR.  Importante è ricordare che nell’eging non si uniscono mai il trecciato e il fluorcarbon con una girella, questo ne comprometterebbe sia il lancio, sia il movimento corretto per cui è stato studiato l’artificiale. Con alcuni dyanema, come il nano filo della Berckley o il Plasma Asegai della Sunline eviterei anche il “nodo di Sangue”, questo perché hanno una sezione particolarmente rotonda e sono molto lisci superficialmente, questa loro caratteristica comprometterebbe la tenuta di questo tipo di nodo. Alcuni esempi di Rotockontter:

 

STONFO 530 

EASY PR

               

                         

Cosa è il Dyneema:

ll Dyneema (Gel Spun Polyethylene) è una fibra sintetica particolarmente adatta alla produzione di cavo da trazione. Viene in particolar modo utilizzato per applicazioni sportive quali il kitesurf, il parapendio, l'alpinismo, il tiro con l'arco, la pesca sia sportiva che professionale e la produzione di giubbotti antiproiettile.

I cordini in Dyneema hanno un'eccezionale resistenza, paragonabile a quella dei cavi di acciaio, ma con il vantaggio di resistere molto bene agli sforzi da torsione e piegamento. A differenza della prima generazione di fili in HDPE (polietilene ad alta densità) oggi il marchio DYNEEMA ha sopperito allo svantaggio derivante dall'elevata elasticità che lo rendeva dimensionalmente poco stabile.

La fibra di Dyneema oggi prodotta ha caratteristiche particolari per resistenza rispetto al suo diametro, si parla di qualche chilogrammo per fili con diametri di circa 0,10-0,12 millimetri, ed in particolare risulta un filo che è praticamente esente da elasticità.

Come detto nel capitolo che riguarda i mulinelli, è fondamentale che essi siano dotati di un sistema di avvolgimento a spire incrociate, onde evitare fastidiosi grovigli.

Nella tecnica dell’eging, visto il peso molto contenuto delle nostre esche artificiali, utilizzeremo dei diametri veramente sottili, che ci permettono di percepire al meglio ogni movimento della nostra esca per poter reagire prontamente e allamare il nostro cefalopode.

Le caratteristiche per scegliere un trecciato sono diverse, la tipologia (numero di capi con cui è fatta la treccia), la misura, espressa in diametro o PE (su tutte le bobine di filo provenienti dal Giappone, sia che essi siano nylon o trecciato, il diametro non viene indicato in millimetri ma con un simbolo, il PE. Questo sistema di misurazione è basato su un sistema numerico conosciuto come "GOUW", che in origine era usato per misurare il diametro del filo di seta. Con il PE si indica la superficie della sezione del filo; per semplificare si può dire che il PE indica il diametro che ovviamente non è direttamente proporzionale al numero poiché se si raddoppia la superficie della sezione non si raddoppia il diametro, spesso due trecciati di due brand differenti con lo stesso PE quasi sicuramente avranno carichi di rottura diversi,) e in fine ma non per importanza, il colore. Il "PE" sta per polietilene, fibra utilizzata per fare trecciati di Dyneema e Spectra. Il rating PE è una misura costante, così mentre due fili pubblicizzati come lb. 50 possono effettivamente avere diversi carichi di rottura, due linee con lo stesso punteggio PE sarà sempre lo stesso diametro. Come regola molto generale, è possibile moltiplicare il PE # per 10 per ottenere carico di rottura approssimativo di una linea intrecciata, cioè PE4 x 10 = lb 40, in quanto raramente il carico di rottura è inferiore (10xPE #). Tuttavia, il carico di rottura può variare molto tra diverse linee dello stesso diametro. Questo è particolarmente vero in molte delle trecce di fascia alta che utilizzano più fili e un tessuto più stretto, risultando più rotondo, finitura liscia e carico di rottura superiore a parità di diametro rispetto a linee di minore qualità.

 

Vediamo subito la misura e la tipologia del trecciato.

In questa pesca, si adoperano diametri che vanno indicativamente da 0,06mm. fino a 0,16 mm, con carichi di rottura fino a 16 lb. e oltre, che possono essere composti da 4 capi, 8 capi, o anche 12 capi.

Più capi comporranno il nostro trecciato, più morbido e setoso esso risulterà al tatto, avrà una maggiore scorrevolezza, ma sarà anche più delicato se strofina su rocce o piccole pietre in prossimità della riva. In teoria più cresce il diametro del trecciato, e più si apprezza il numero maggiore dei capi di cui è costituito.

 

 

La scelta del diametro più corretto e del numero dei capi è in funzione ai fondali dove normalmente peschiamo e del periodo dell’anno. Preferiremo un 8 capi o un 4 capi, con diametri che vano da 0,12 a 0,16 mm, pescando da spiagge dove avremo di fronte a noi un fondale fatto da posidonia o grossi scogli. Ma la scelta è in funzione anche della grandezza delle nostre prede e del periodo in cui le andremo a pescare.

 

Oggi un trecciato di ottima fattura nel diametro di uno 0,08 PE 0,6 ha un carico di rottura pari a 5,8Kg. (vedi Daiwa Moretan 12 capi).

La lunghezza dei trecciati nelle bobine varia  in base alle aziende che lo producono.Diciamo che puo’ essere sufficiente imbobinare circa 130metri.(guardare nel capitolo: il mulinello, il corretto imbobinamento.)

Come imbobinare il  Dyneema(Trecciato) sul nostro mulinello

Sembra scontato e ovvio questa operazione, ma vi assicuro che è bene fare un corretto avvolgimento alfine di evitare inutili spire che si potrebbero accavallare e quindi creare parrucche compromettendo la nostra giornata di pesca. Per un corretto quantitavivo in bobina con il giusto mix tra nylon e trecciato questo è il procedimento più semplice e sbrigativo.Per prima cosa, come scritto nel capitolo che riguarda il mulinello da eging, occorre prendere un mulinello con una bobina che ha le stesse caratteristiche della nostra su cui vogliamo mettere la base(backing) più il trecciato, oppure basterà solo una bobina uguale alla nostra. Si avvolgerà su questa seconda bobina in sequenza, prima il trecciato, poi arrivati alla fine con opportuno nodo di giunzione uniremo trecciato con backing(base) e completeremo l’avvolgimento sulla bobina fino al livello ottimale. Il passo successivo sarà prendere il capo finale del nostro nylon di riempimento, legarlo con un nodo molto leggero sulla bobina del mulinello che vorremmo utilizzare e iniziare l’avvolgimento. In questo modo i due fili si invertiranno di posizione, il nylon costituirà la base e il trecciato verrà imbobinato ad un livello ottimale. Ma vediamo quale è la modalità corretta di avvolgere il trecciato sulla nostra bobina.

Anche qui dobbiamo separare mulinelli da casting e da spinning. Vediamo come procedere per i mulinelli da casting.Sarebbe ottimo disporre di un imbobinatore da fissare sul tavolo, inserire la nostra bobina di Dyneema, e far si che il trecciato esca dalla parte superiore come da foto sotto riportata.Se non si ha un porta bobine, basta inserire nel foro una penna, e farsi aiutare a tenerla, osservando la stessa metodologia.Nel caso di un imbobinatore, lo possiamo frenare leggermente con i due morsetti presenti sull’asse orizzontale,  per evitare che faccia più giri rispetto ai metri di lenza recuperati dal mulinello. Se i giri della bobina sono molto più veloci rispetto al filo recuperato dal mulinello ci sarebbe una inevitabile fuoriuscita di filo incontrollata, che creerebbe dei grovigli. Poi basterà far passare il nostro filo, prima che entri nel mulinello, tra le dita, avendo l’accortezza di coprirle con un piccola pezza bagnata, e frenare quanto basta la furiuscita del trecciato.(si puo’ anche laschiare per qualche ora la bobina nuova in una bacinella con dell’acqua dolce per facilitare e migliorare l’imbobinamento).Stessa metodologia la possiamo applicare al fluorcarbon sui mulinelli da casting.

 

Il fluorcarbon

I monofili in mono-fluoro-carbonio sono realizzati con un materiale, il polivinildenfluoride (PVFD per gli addetti ai lavori) inventato nelle fabbriche giapponesi negli anni '80. Questi lo hanno utilizzato massicciamente per costruire le reti da pesca, ottenendo validi risultati al punto da esser state proibite dal Ministero dell'Ambiente giapponese. In Italia vennero chiamate le reti fantasma, ed hanno arrecato danni incredibili alla fauna marina del sotto costa. Da allora, il fluorocarbon ha visto l'alba della sua commercializzazione in Europa e negli Stati uniti. La caratteristica principale di tutti i monofili realizzati in mono fluorocarbonio è nella invisibilità, ovvero l'indice di rifrazione ha un valore pressoché identico a quello dell'acqua (1,37 contro 1,33). La luce attraversa il monofilo e si riflette al minimo, subendo una leggerissima deviazione rispetto al passaggio nella massa liquida.

 


Vediamo perché superiore al comune Nylon in alcune circostanze:

-potere di diffrazione della luce vicino a quello dell’acqua. In parole povere il filo è meno visibile per i pesci. Questo sarebbe assolutamente vero se i pesci vedessero come noi, ma in realtà di come vedono i pesci si sa veramente poco, anche se ultimamente studi giapponesi sembrerebbero affermare che la loro vista sia davvero debole, e si affiderebbero ad altri organi sensoriali.

-insensibilità ai raggi ultravioletti. Il fluorocarbon non cambia le sue caratteristiche se esposto alla luce, fattore a cui, al contrario, è molto sensibile il nylon. Il fluorocarbon quindi non ‘’invecchia’’ mentre il nylon, in un anno circa, ha un degrado della resistenza di circa il 20%.

-non assorbe umidità il fluorocarbon non cambia le sue caratteristiche in acqua, mentre il nylon ‘’assorbe’’ l’umidità e si modifica, diventando più morbido, ma anche meno resistente.

-è molto più resistente alla abrasione del nylon. Il fluorocarbon ha una superficie molto più ‘’dura’’ del nylon. Basterà provare a serrare dei pallini di piombo sul fluorocarbon e vedrete quanto si fisseranno con difficoltà fino a cadere o non fermarsi.

-è più resistente al nodo. Direi falso. Il pregio dell'invisibilità si scontra sulla minore tenuta, ovvero carichi di rottura inferiori del 30/40% rispetto ai monofili standard. Questo è dovuto alle caratteristiche chimiche e fisiche del polivinildenfluoride che lo differenzia sostanzialmente dal nylon storico utilizzato tutt'oggi.

-il fluorocarbon affonda più facilmente perché il suo peso specifico è maggiore del nylon. Quindi la presentazione dell’esca è più naturale, poiché scende col piombo e non lo segue.

Vi posso assicurare con prove fatte per anni e con amici che pescavano accanto a me che anche i Cefalopodi quando non sono in stato di frenesia alimentare, tendono scegliere un Egi presentato con un fluorocarbon più sottile.

Io spesso utilizzo uno 0,18 mm. di dimetro e massimo uno 0,22 mm. in rarissimi casi.

È sicuramente molto valido da usare come finale. Infatti è, in condizione di pesca, più resistente del nylon. Questa affermazione potrebbe risultare assurda, poiché sulle bobine di nylon sono sempre dichiarate resistenza superiori al fluorocarbon. Questa è la teoria, ma in pratica, il fluorocarbon non invecchia, è più resistente all’umidità, all’invecchiamento ed alla abrasione.

Il suo unico punto debole è averlo dentro la bobina del mulinello. Questo perché essendo più rigido, conserva più spire di memoria. Ma oggi con l’evoluzione della tecnologia, ci sono ottimi fluorocarbon tipo il FCL power spin distribuito da Akami o il Brave di Daiwa.

Altro difetto del fluorocarbon è un costo maggiore.

Sotto sono riportate le foto di due bobine di fluorocarbon rispettivamente di 100m. e 80 metri

Sono entrambi esempi fluorocarbon purissimo nato in Giappone, con diametri reali. Colpisce l'imbobinamento perfetto ed il packaging professionale. I diametri più utilizzati nelle nostre discipline vanno dal 0,18mm. allo 0,30 mm.

 

Ma fermiamoci a parlare con particolare  attenzione ai diametri dei nylon(nel nostro caso è meglio scegliere un adeguato diametro di fluorcabon).

Spesso nei video tutorial si sente dire che Il diametro del fluorcarbon non influenza i movimenti del nostro EGi, niente di più falso(ovviamente se sono in frenesia alimentare, non guardano più a niente e ogni regola non ha più valore).

Alcune persone dicono che il diametro del nostro fluorcarbon non ha nessuna importanza in merito al fatto di essere visto dai Cefalopodi, sinceramente non credo neanche a questo.

Il fluorcarbon si sceglie in funzione delle prede da insidiare, e dei fondali che frequantiamo durante la nostra azione di pesca, ma anche in funzione dela stagione.Questo perché in inverno, causa delle mareggiate avremo tratti sottomarini dove presenti le posidonie che saranno un po’ più diradate, e stessa cosa vale per i manti di alghe presenti sugli scogli. A primavera, visto il fiorire di piante marine e di alghe rischieremo di avere qualche incaglio in più, pertanto dovremo usare dei terminali maggiorati. Stessa cosa se pescheremo in zone di mare dove è presente qualche boa per gli ormeggi.Meglio avere un trecciato e un finale maggiorati per tentare di riprendere il nostro artificiale, anche se spesso dovremo inevitabilmente tagliare.

Come imbobinare correttamente il fluorcarbon

Operazione di fondamentale importanza che va eseguita nella maniera corretta onde evitare di avere spire di filo che possono uscire dal mulinello all’improvviso durante il lancio, accavallandosi e creando parrucche, sia nei mulinelli da spinning , che da eging, o per altre tipologie di pesca, mulinelli da Casting compresi. Vediamo come fare. La regola fondamentale è verificare se il costruttore del fluorcarbon o nylon danno indicazioni specifiche in tal senso e quindi vanno seguite rigorosamente. Poi occorre capire che tipologia di mulinello dobbiamo imbobinare se da spinning o da casting. Infatti procederemo in maniera diversa per l’uno e per l’altro. Qualora non ci fossero indicazioni scritte della casa costruttrice se abbiamo un mulinello da Casting, per imbobinare il fluorcarbon dovremo utilizzare una tecnica che è esattamente quella utilizzata per il trecciato come sopra riportato, quindi bobina messa in verticale con il filo che esce dalla parte superiore.

Per i mulinelli da eging (o spinning) andremo ad utilizzare un’altra tecnica ossia quella utilizzata  anche da grandi campioni nel settore della pesca come Kevin VanDam una leggenda vivente dello spinning e del bass fishing (stessa cosa vale anche per l’eging se si vuole imbobinare il fluorcarbon). Facciamo solo una piccola premessa di cui sopra abbiamo gia trattato, il fluorcarbon è il filo più rigido che abbiamo in commercio per la pesca in mare (ester escluso per la trout area ancora più rigido), quindi possiamo ben capire quali problematiche puo’ causare se non imbobinato a dovere. Occorre appoggiare la nostra bobina a terra con l’etichetta rivolta verso l’alto  cominciare ad imbobinare. Attenzione a non andare troppo forte altrimenti la bobina si capovolge e creiamo delle spire indiesiderate,che poi fuoriusciranno dal nostro mulinello in maniera scomposta limitando il lancio o addirittura creando fastidiose parrucche.

Per prima cosa anche sul mulinello da spinning creo una base con del nylon o altro filo , questo perché  non mi serve utilizzare tutta la bobina durante l’azione di pesca ma basteranno circa cento metri o poco più. Io per fare la prova ho semplicemente   preso una tavoletta di legno molto pesante,(bisogna evitare che si capovolga insieme alla bobina), mi sono procurato delle strisce di nastro bi-adesivo, le ho messe sui lati della bobina che sono andato a fissare alla mia tavoletta. Ho preso il capo della lenza e l’ho passato nel primo anello(non obbligatorio), fissandolo alla bobina del mulinello. Ovviamenete anche qui vale il discorso di frenare leggermente con le dita l’avvolgimento. Se imbobiniamo flurcarbon o nylon molto sottili, il mio consiglio personale è quello di far passare il filo tra le dita ricoperte di una pezza ben imbevuta di acqua e non stringere troppo. E’ una operazione che se eseguita senza questo accorgimento rischia di compromettere la struttura molecolare del nostro filo e quindi le sue prestazioni, poiché si surriscalda eccessivamente. Ovviamente questo vale per diametri sottili fino ad uno 0,18. Appoggiando la bobina di fluorcarbon sul tavolo o ancorandola ad una tavoletta con l’etichetta rivolta verso l’alto, permettero’ alle spire di uscire in senso antiorario, e questo è fondamentale visto che il mio mulinello avvolgerà in senso orario. Il motivo di questa tipologia di imbobinamento è dovuto alla memoria meccanica che conserva il filo. Si puo’ utilizzare lo stesso sistema di imbobinamento anche per il Nylon. Sotto vedete l’esempio di fissaggio della bobina ad una tavoletta di legno pesante.

 

 

Nel caso del fluorcarbon imbobinato, non preoccupatevi se nei primi lanci vedete che il filo non si stende perfettamente, dopo circa un paio di ore di pesca il filo raggiungerà il suo massimo rendimento sia nei lanci che nel recupero poiché andrà a scaricare le voltine di imbobinamento grazie all’azione della trazione dell’esca e dell’acqua.

Il terminale e la sua lunghezza:

Il terminale della nostra lenza, in questo caso  un trecciato o Dyneema che dir si chiami, sarà composto da uno spezzone di filo che normalmente è costituito da fluorcarbon, ma puo’ essere utilizzato anche del Nylon.

I vantaggi del fluorcarbon ormai li sappiamo. Ma quanto deve essere lungo il nostro terminale in fluorcarbon? Qui ci sono molte scuole e pensieri diversi, chi lo fa con una lunghezza pari a circa 50 cm, chi lo fa una bracciata, e chi come alcuni giapponesi lo fa lungo quanto la canna basta che il nodo di congiunzione non entri nel mulinello. Poi sarà la nostra bravura a realizzare il nodo più piccolo e più forte che ci consentirà di avere meno attrito negli anelli durante il lancio.

In generale possiamo dire si utilizzano 50  o 60 cm, di finale, ma a mio avviso, visto che comunque il nodo di congiunzione finisce dentro gli anelli in fase di lancio, seguo molto il cosiglio dei pescatori giapponesi che spesso utilizzano anche 180 cm. di finale. Ovviamente come già detto, il nodo di congiunzione tra il fluorcarbon e il dyneema non dovrà mai essere voluminoso  per evitare il fastidioso rumore che si genererebbe in fase di lancio dovuto agli attriti con gli anelli, a lungo andare comprometterebbe anche la tenuta del nodo. Io ho risolto questo problema utilizzando il nodo PR.

Cosa cambia tra utilizzare un finale lungo o uno corto? Fondamentalmente si allontana il nostro egi da un trecciato di colore molto visibile. Con un ottimo fluorcarbon sembrerà sospeso nell’acqua, a patto che si utilizzi anche uno snap delle misure proporzionate al nostro Egi.

Ovviamente se sono in frenesia alimentare, i nostri amici Cefalopodi, attaccheranno anche un Egi, collegato direttamente al dyneema(prova fatta più volte e sempre riuscita).

Dalla mia esperienza di oltre trenta anni,posso affermare che a seconda delle zone dove vado a pescare utilizzo in bobina o il trecciato o il florcarbon.

Si avete capito bene, riempio la bobina con del fluorcarbon, scegliendo sempre i migliori sul mercato, che pero’ non sempre sono i più morbidi, direi il contrario.

Ovviamente utilizzando diametri molto sottili il problema si pone relativamente,  basta adottare un piccolo segreto prima di avvolgerli sulla bobina.

Sicuramente molti egingers, mi diranno che sono matto o che non so pescare. Vi invito avenire dalle mie parti e vediamo se pescate meglio con il trecciato o pesco meglio io con il fluorcarbon.

Il limite del trecciato,  e lo sarà sempre è il vento. Inoltre se il trecciato è particolarmente rotondo, come puo’ essere il Plasma Asegai, o il nano filo della Berkley, resteranno sempre molto in superfice, creando delle anse, spostandoti l’egi lontano dalla zona in cui hai effettuato il tuo lancio.

Con il fluorcarbon, questo problema è assente perché appena tocca l’acqua, affonda immediatamente, permettendo al nostro egi di essere subito operativo.

Ovviamente, non potro’ effettuare le jerkate tipo Japan Style, ma dovrò effetture delle jerkate morbidissime e accompagnare il vettino della canna sopra di me o a lato. In pratica dovro’ fare una pesca molto lenta, ma a seconda delle zone molto più redditizia.

Perché utilizzo il fluorcarbon e non il nylon? Semplice per le proprietà sopra elencate, e vi posso assicurare che la differenza con chi pesca con il filo in nylon si vede veramenete tanto,soprattutto  nel numero delle prede cattuarate.

Il trecciato è idoneo alla pesca Japan Style o un tipo di pesca più dinamico. Oppure anche nelle mie zone soprattutto in assenza di vento. Non scordiamoci che il trecciato non avendo allungamento trasmette alla canna tutte le sensazioni che portano il pescatore ad una ferrata più pronta e decisa. Con il fluorcrbon dovro’ ferrare in maniera più energica, ma rischio meno di strappare i tentacoli ai nostri amici Cefalopodi.

 

Utiltizzando un nylon come terminale, aumenteremo ancora il galleggiamento del nostro trecciato e in caso di un poi di brezza, affonderà con molta lentezza, rischiando di andare fuori della zona di pesca. Altro dilemma che spesso vedo tra i pescatori di eging, è quanto filo deve uscire dal vettino della canna fino alla totanara. Per me le regole fisse non esistono, ma occorre anche adattarsi ai luoghi di pesca che si frequenta abitualmente. Se pesco dove alle spalle non ho ostacoli o impedimenti, potro’ lasciare il filo un po’ più lungo, cio’ determinerà una minore torsione del filo e quindi una durata maggiore dello stesso, ma se dietro di me ho degli scogli, o un muro del molo del porto, farò scendere la mia totanara quel che basta per consentire il miglior lancio che posso fare in quel determinato spot.

 

 

 

 

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