Il 19 febbraio, una sera come tante altre, dopo cena, decido di andare a fare 4 lanci in prossimità della scogliera di Isola delle Femmine(Palermo).

Dopo qualche minuto di macchina arrivo sul luogo di pesca. La serata era ideale se non fosse che fisicamente non stavo un granché, ma pur di svagarmi dall’oppressione quotidiana del lavoro decisi che era sempre meglio che star a guardare la tv. Il vento era debolissimo da Levante, il mare praticamente piatto. La scogliera era deserta forse perché a quell’ora le persone mangiano, io avevo anticipato giusto per evitare di incappare nel “Coprifuoco” delle 22.00.

Da buon Pro Staff per Sud Pesca, che importa il famoso marchio DTD e i meno conosciuti ma non per questo meno efficaci Egi Akami e Sugoi, inizio a far girare a rotazione tutti i colori che normalmente in quel posto sono motivo di cattura. Alterno non solo colori, ma anche movimenti ma soprattutto vario le forme delle totanare con cui pesco per vedere si riesco a trovare una tipologia analoga al pesce foraggio di quel posto in quel preciso momento. Ma neanche questo sembra funzionare, così inizio a creare delle Jerkate modello Japan Style, ma anche qui il niente assoluto. Intanto mezz’ora era volata via, erano le 20, 30 e avevo a malapena un’altra oretta. Ad un tratto ricordo che qualche sera prima avevo fatto al secondo lancio una bella cattura di un calamaro sui cinquecento grammi, utilizzando un vecchio Yo Zuri misura 3.0 colore verde. Dalla mia esperienza posso dire che le catture generalmente avvengono dal secondo al terzo lancio in poi se si utilizzano totanare fosforescenti. Questo perché la luminosità dell’artificiale va man mano affievolendosi, aumentando il potere catturante. Infatti non sempre i calamari, vogliono artificiali troppo luminosi. Spesso mi capita di vedere ragazzi e persone anche adulte che caricano con la torcia UV l’artificiale così tanto che quando lo lanciano, si assiste ad un vero lancio di proiettile tracciante. Posso dirvi che dopo trentacinque anni di onorata pesca ai calamari, le volte che ho fatto una cattura subito dopo aver illuminato l’artificiale, sono state davvero molto poche. Quindi a mio avviso spesso i calamari sono disturbati da questa luminosità, ovviamente dipenderà da un sacco di fattori, come la luminosità del cielo, piuttosto che il grado di trasparenza dell’acqua, fonti luminose esterne ed altro. Ovviamente queste sono mie considerazioni. Qualcuno potrebbe non essere d’accordo.

Così decisi di rimettere quel famoso Yo zuri che nel passato e attualmente mi regala sempre belle soddisfazioni.

Quella sera, la mia canna era una Shimano Sephia Limited da 8,5 piedi azione ML che mi sono ordinato espressamente in Giappone perché in Europa non viene commercializzata. Come mulinello avevo un Daiwa 2500 Certate con un trecciato sempre Daiwa Moretan diametro 0,06 con finale in fluorcarbon Brave diametro 0,20.

Effettuo il primo lancio, e niente si materializza all’orizzonte, la totanara torna a riva sola soletta.

Secondo lancio controvento, faccio alcune jerkate e sento toccare due volte l’artificiale come se qualcuno mi avesse bussato delicatamente su una spalla, così decido di incuriosirlo e effettuo immediatamente un paio di jerkate veloci, aspetto e poi provo a ferrare.

Lo sapevo, ho ferrato sì, ma il fondo….così metto in trazione il filo per vedere quanto è lontano. Ma qualcosa non tornava. La bobina del mulinello girava al contrario e la frizione si apriva in maniera molto lenta. Ho subito pensato fra me e me che il fondo non può muoversi, ma i calamari anche grossi pompano come dannati. Invece questo misterioso essere stava fermo, poi dopo qualche minuto si è trasformato in una vera Santa Fe (locomotiva che prese il nome dal tratto ferroviario che percorreva nel Nord America).

Si portava via da venticinque a trenta metri tutte le volte che partiva, e sinceramente dopo trenta minuti di combattimento dove stressavo la canna pompandola tipo pesca al tonno, ho perso il conto delle volte che questo “Mostro” ha sferrato le sue partenze improvvise. Ho iniziato a fami balenare nella testa che si trattava di un totano e non un calamaro, era la preda più ambita per un eginger che da oltre trenata anni fa questo tipo di pesca. Non potevo perderlo. In quei momenti non pensavo neanche a quanto pescavo con attrezzatura super leggera, stavo entrando in un mio Guinness personale e chissà forse non solo mio personale. Più si avvicinava a costa più le sfuriate si intensificavano, così ho iniziato a guardare se sulla scogliera c’era qualcuno da poter chiamare in aiuto. Ma come ho detto precedentemente, ero inesorabilmente solo. Forza e coraggio allora, questo mostro deve venire fuori costi quel che costi. Se devo scendere in acqua, sono disposto anche a farmi un mezzo bagno.

Poi inizio a vedere il bianco dei tentacoli tutti aperti come un fiore e la mia totanara in mezzo a quel groviglio di ventose enormi piene di piccoli aculei, che contornano un becco simile a quello di un pappagallo, sia per dimensioni che per forza. Il totano vede la luce e riparte, poi riesco a trattenerlo e a riavvicinarlo, vedo i tentacoli ma non capisco dove finisce il corpo. E’ tutto nero. Qualcuno mi ha detto che è un totano nero abissale. Decido di accendere la torcia che ho in fronte per capirci qualcosa, ma non voglio spaventarlo. Poi prendo il raffio e aspetto di avvicinarlo. Ecco il raffio si conficca nelle carni, ma è come averlo piantato nel cemento. La canna di carbonio che regge il raffio cede in un punto che sapevo debole, ma non credevo potesse mollare. Il raffio con parte del manico rimane conficcata nel totano. Cominciano novanta secondi di panico. Non ho idea come tirarlo a terra. Poi si accende una lampadina. Lo avvicino fino a che non riesco a prendere il raffio conficcato che nel frattempo non so come gli finisce tra i tentacoli, mi chino quasi sdraiato sullo scoglio a pochi centimetri dall’acqua, e infilo con molta imprudenza (Non andrebbe mai fatto) la mano tra i tentacoli per sfilare il raffio che si era girato sottosopra. Manovra riuscita. Ferro il totano per la testa e lo isso sullo scoglio. Dopo le foto di rito inizia un altro incombente problema. Dove lo metto? Nel secchio non entra, allora telefono a mia moglie Sara che mi suggerisce di andare in macchina e prendere una borsa telata della spesa. Porto l’attrezzatura in macchina, e scendo con la sacca, dove lo ripongo. A casa la bilancia elettronica di ottima precisione si ferma sui 4.2 Kg. Un esperienza incredibile, ma la cosa importante oltre alle proprie capacità è avere sempre un’attrezzatura integra, di ottimo livello se non addirittura al top. In mare non si scherza mai, non ci si può affidare alla sorte, o perlomeno bisogna sempre essere attrezzati come di dovere per affrontarla. Appena possibile vedrò di dedicare un articolo alle attrezzature. Un saluto a tutti gli amici di Sud Pesca.

Paolo Gavazzeni

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