Rubrica EGING

                            LE ATTREZZATURE DA EGING:                             

La Canna (Eging Rod)

 

Le Origini:

Da fonti storiche, possiamo affermare che le prime canne da pesca furono create dai Sumeri per la pesca in acqua dolce utilizzando delle primitive imitazioni di mosche e farfalle.

Della pesca ne hanno parlato anche gli antichi romani, Apuleio, Plinio, Oppiano, i pescatori più conosciuti dell’antichità sono stati sicuramente San Pietro e il fratello Andrea, menzionati nella Sacra Bibbia come pescatori di professione. Molte le testimonianze scritte che parlano, ma anche dipinti e mosaici

La canna da pesca ha segnato l’evoluzione dell’uomo per procurarsi del cibo.

 

Apriamo subito questo argomento dicendo che a mio parere non basterebbe un intero libro per poter trattare la prima sezione di una serie di articoli dedicata alla canne per l’eging. Come attrezzatura si intende tutto ciò che necessita all’azione di pesca dall’inizio alla fine. Quindi si dovrebbe parlare di canne, mulinelli, trecciati, finali ed egi, senza dimenticare raffi, guadini, box per gli artificiali e contenitori per il pescato.

Ho detto si dovrebbe, usando il condizionale, perché le attrezzature comprendo tutto questo e forse anche altro. Ma per correttezza, a mio avviso bisogna affrontare un argomento alla volta, con la speranza di poterlo sviscerare in tutte le sue parti in modo da dare indicazioni sia a chi inizia la tecnica dell’eging e a chi invece, più pratico, vuole specializzarsi in questa “disciplina”, di effettuare i giusti acquisti.

Sicuramente seguirò strade già percorse da chi mi ha preceduto in questa ardua missione.

La domanda che ricorre di più sui social e che spesso mi viene posta, è in merito al fatto di poter iniziare questa tecnica con canne non necessariamente nate per l’Eging.

Nei miei trentacinque anni di esperienza di pesca ai calamari, ho visto utilizzare un po’ di tutto, canne da barca, corte e rigide, bolognesi, inglesi, canne da feeder, ma soprattutto canne da spinning.

In realtà agli albori di questa tecnica, in Italia, ma come del resto in molti paesi occidentali, non arrivavano filmati ne info su come si dovesse praticare, né tantomeno arrivavano attrezzature specifiche. L’unica cosa che avevamo di certo, erano le totanare, un paio di marche Yamashita e Yo Zuri, qualche colore, spesso un ‘unica misura, e via a correre verso il mare per un’avventura che non si era mai vissuta, la pesca dei calamari da terra con esche artificiali.

 

                                                                                                                                                                     

Nei primissimi Anni’80 cominciai questa tecnica con una canna da spinning Browning, con carbonio intrecciato a kevlar, con un fusto conico. Era il massimo che riuscii a trovare sul mercato per questa tecnica.

Allora normalmente si pescava con canne in fibra di vetro, ma molti erano ancora attaccati al vecchio lancio con la lenza a mano. Quindi i risultati con la canna erano nettamente superiori. Per molti anni ho utilizzato canne da spinning di altissimo livello, Daiwa e Shimano in primis. Canne come l’Aspire, ed altre. Questo per dirvi che sicuramente è possibile iniziare con una canna non perfettamente dedicata, se già la si ha in casa. Ovviamente se va comprata la cosa è diversa. Tutto dipende da come la si vuole utilizzare una canna da spinning, per la pesca ai cefalopodi. Sicuramente se pensiamo di fare jerkate modello Japan style, ecco che si dimostra inappropriata, alle volte pesante e anche ergonomicamente scomoda. Infatti nell’azione di pesca durante le jerkate il manico dovrà passare sotto il braccio, senza andare a colpire il braccio o a bloccarsi nella giacca. Se la si vuole utilizzare per una pesca ai cefalopodi più ponderata, ossia con jerkate fatte accompagnando il vettino verso l’alto o lateralmente in maniera morbida e lenta, direi che possono essere utilizzate tranquillamente. E’ scontato, ma forse non troppo ricordare che occorre in questi casi ma anche con canne specifiche, utilizzare delle canne con una sensibilità proporzionata all’egi che si utilizza. Mi spiego. Se io ho una canna che lancia esche con un range che va da 15gr, a 50gr, se utilizzo un egi da 2,5 pollici che in media pesa tra i 10 e i 12 gr. perderò sia insensibilità all’eventuali toccate dei cefalopodi, ma perderò qualcosa anche nel lancio.  Poi ovviamente nella vita si può fare di tutto, ma poi non lamentiamoci…

Apriamo una grossa parentesi tecnica sul carbonio che quasi meriterebbe un capitolo a se.

Per correttezza il testo che segue è frutto dell’esperienza del sig. Stefano Di Buo’ tecnico progettista delle canne Tubertini riportata in una intervista.

“Le fibre di carbonio che ci interessano si suddividono innanzitutto in due grandi famiglie, a seconda del precursore originario da cui ha origine il filamento di carbonio. Esse si definiscono PAN (derivate da ossidazione e pirolisi del PoliAcriloNitrile) o PITCH (derivate da medesimi processi ma con precursori pece o rayon). Quest’ultime sono di qualità inferiore rispetto alle fibre che hanno precursore PAN, la loro capacità di impregnazione è peggiore, sono estremamente fragili e delicate, quindi meno interessanti dal punto di vista produttivo specifico delle canne da pesca. Per contro le PITCH hanno prezzi molto più vantaggiosi rispetto alle PAN.”

Il carbonio è disponibile, a livello industriale, sotto forma di filato secco, lungo centinaia di metri ed avvolto su delle rocche. Grossolanamente si presenta come uno spago, ed è composto migliaia di microfilamenti del diametro di qualche micron.

Esistono svariate tipologie di filato grezzo, realizzato con procedimenti tecnici differenti e con caratteristiche meccaniche molto diverse tra loro, finalizzate all’uso che se ne andrà a fare. Da qui le varie definizioni di “Alto Modulo”, “Alta Resistenza”, “Modulo intermedio”, “Super Alto Modulo” ecc, sostanzialmente delle macro famiglie di fibre differenti. Gli “Alto Moduli” ad esempio, hanno delle caratteristiche meccaniche di elevato valore di rigidità a fronte di un basso valore di tenuta all’allungamento, quindi molto rigide ma molto fragili; le “Alta Resistenza”, di contro, hanno maggiori caratteristiche di resistenza ma con un valore di modulo elastico, di rigidità, più basso e così via.

Sotto questa forma iniziale viene prodotto da poche aziende al mondo, americane, russe ma le leader mondiali sono sostanzialmente giapponesi; queste lo forniscono poi a tanti fruitori differenti sparsi nel mondo, i cosiddetti “impregnatori”, che lavorano il filo trasformandolo in prodotti molto differenti, definibili come “tessuti” e “tape”, due categorie di semilavorati destinato a svariati usi, a livello industriale civile, militare e, appunto, sportivo. Dal prodotto impregnato al prodotto lavorato di solito c’è un ulteriore passaggio ad aziende “trasformatrici” che lavorano i prodotti impregnati per realizzare i vari oggetti. A volte queste due realtà coincidono nella stessa azienda, più spesso le ditte sono distinte, questo perché la fase dell’impregnazione richiede attrezzature e tecnologie molto costose.”

 A noi tendenzialmente non interessano entrambe le due categorizzazioni di filati. Ma vediamo. I tessuti sono realizzati tessendo letteralmente il filato secco di carbonio in trame ed orditi come un qualsiasi filamento e poi impregnati con le resine; questa tipologia di prodotto si usava agli inizi in cui cominciarono a realizzare canne in carbonio, ma è stata una pratica che è andata via via scomparendo man mano che vi è stata l’evoluzione dei processi di lavorazione della fibra originaria, perché l’intreccio, l’angolazione delle fibre che si determina realizzando il “tessuto”, deteriora le caratteristiche della fibra originaria di carbonio, facendole perdere importanti percentuali di elasticità e resistenza.

I tessuti vengono maggiormente impiegati nell’industria per la loro capacità di adattarsi meglio a stampi per costruire pezzi come parti di carrozzerie, piuttosto che ali di aeroplano o altre applicazioni sagomate. Questo concetto é conosciuto ed impiegato nella applicazioni sportive da alcuni decenni.

Per le canne da pesca, le applicazioni di tessuto restano confinate alla realizzazione di particolari, perché esteticamente il tessuto è più bello, oppure per la realizzazione di un rinforzo negli innesti ecc.”

 “Il massimo della resa meccanica delle fibre di carbonio si ottiene allineandole ad angolazione 0, cioè unidirezionalmente tra loro. Per fare questo occorrono alcune lavorazioni piuttosto complesse che conferiranno poi differenti caratteristiche al materiale finale.

L’insieme di questi passaggi porta alla “impregnazione”.

Vengono prese un certo numero di bobine di filo di carbonio secco e si dispongono i fili di ogni rocca in una cantra, un supporto metallico specifico che ha la capacità di accogliere alcune centinaia di bobine di fili di carbonio disposti parallelamente l’uno all’altro, ravvicinati e tensionati secondo certi parametri specifici. A questo punto queste centinaia di fili di carbonio vengono “calandrati”, cioè vengono fatti passare attraverso due rulli d’acciaio distanti tra loro alcuni centesimi di millimetro. Il numero dei fili di carbonio impiegati per realizzare il tape (50/100/200/400..) determinerà il peso finale al metro quadro del prodotto. In questa fase, passando tra i due rulli di acciai, i fili di carbonio vengono accoppiati ad un foglio di carta prespalmato di resina. Sottoposti a questo schiacciamento i due materiali si congiungono ed il risultato all’uscita è una sorta di tappeto nero, uniforme, composto dalle migliaia di microfilamenti che componevano ogni singolo “spago” di carbonio di ogni bobina, schiacciati dalla pressione dei rulli di acciaio e tenuti adesi l’uno all’altro dalla resina. Questo risultato è un “tape” di carbonio unidirezionale impregnato di resina. “

Da qui il termine unidirezionale significa proprio che le fibre del materiale sono disposte tutte in un’unica direzione. E’ importante, concettualmente, fare questa distinzione con i “tessuti”, per le motivazioni che abbiamo detto prima.

Oggi si usano quasi esclusivamente dei “tape”, appunto, realizzati con questo procedimento di allineamento unidirezionale.

Il tape viene poi confezionato in grosse bobine di varia lunghezza..”

Avere un ventaglio di prodotti con qualità differenti ci consente di poter letteralmente assemblare materiali differenti a seconda del risultato che vogliamo ottenere, in relazione alla tipologia di prodotto, all’uso e, non ultimo, al budget e alla fascia di prezzo cui quel prodotto sarà destinato.

Nella progettazione di canne da pesca si usano una vasta gamma di tape con caratteristiche differenti. Prendiamo ad esempio una roubaisienne e alle caratteristiche che essa deve avere: rigidità e leggerezza. Essa non è soggetta a stress esagerati in allungamento, ad esempio, infatti non vedrai mai una canna ad innesti che si flette come una canna da spinning o da mosca o sollecitata in trazione e allungamento come una canna da surf casting. Le fibre che rispondono meglio alle esigenze di costruzione di una roubaisienne sono appunto gli Alto Moduli (High Modulus) e i Super Alto Moduli (Super High Modulus), fibre rigide, molto rigide.”

 “Il modulo elastico è una caratteristica intrinseca di ogni fibra di carbonio, identificato da un numero progressivo.  Facciamo un esempio semplice anche se il concetto è più complesso: se produco un tubo di carbonio con un certo materiale e lo pongo in sospensione tra due fulcri, il modulo di elasticità identifica la forza, espressa in tonnellata (ton), necessarie per fare flettere di un certo quantitativo quel tubo. Maggiore è la forza impiegata e maggiore è il modulo del materiale. Ovviamente ci sono implicazioni più complesse e tecniche che vanno oltre questa trattazione ma il concetto è questo. Modulo di elasticità alto=maggior rigidità. Per gli Alto Moduli si parla di 70 ton/mm2, 80 ton ecc. Moduli elastici minori (20 ton, 30 ton ecc) contraddistinguono filati con differenti qualità: minor rigidità ma maggior resistenza.”

Quindi per realizzare una roubaisienne, soprattutto di alta fascia, ci rivolgiamo alla categoria degli Alti Moduli…

Inversamente, se debbo pensare una canna da siluri, ad esempio, è intuibile che mi rivolgerò alla famiglia dei moduli bassi o intermedi, perché in quel caso avrò bisogno di maggiori condizioni di resistenza mentre la leggerezza e la rigidità passano in secondo piano…”

 “Avendo a disposizione una vasta gamma di tape con caratteristiche differenti, al momento di progettare una canna mi rivolgo alle famiglie di tape con le condizioni migliori per il mio progetto. Quando si pensa una nuova canna si parte dallo stabilire che cosa si vuole ottenere, dall’evoluzione del prodotto precedente che si vuole cercare: un attrezzo più rigido o più sottile o più resistente. Per arrivare a questi risultati occorre partire da condizioni imprescindibili come aspetto economico e geometria della canna. Ci sono software che ci aiutano nella realizzazione di un nuovo progetto, permettendoci di progettare la geometria della canna e di ogni singola sezione che la compongono e calcolare le stratificazioni dei vari tape di ogni sezione. Ogni sezione può essere progettata con tipologie differenti di tape di moduli differenti e differenti caratteristiche meccaniche. La perfetta combinazione dei vari materiali, nelle giuste quantità e nei punti giusti della sezione determinano il risultato finale. Dobbiamo considerare, per capire questo discorso, che ogni sezione della canna è soggetta a differenti sollecitazioni: flessionali, torsionali ed ovalizzanti. Ogni sezione dovrà essere progettata tenendo conto di queste sollecitazioni, a seconda delle varie posizioni di ogni sezione nella canna.”

Queste sollecitazioni agiscono in direzioni differenti rispetto all’asse della canna. Come si ovvia, in progettazione, a queste differenze?

Vediamolo. Le fibre, quindi i tape, anche se unidirezionali, si possono assemblare tra loro con orientamenti differenti rispetto all’asse della canna, proprio per sopportare meglio queste sollecitazioni, arrivando fino anche a 90° tra uno strato e l’altro, per dare struttura alla canna. Un altro fattore importante per determinare le caratteristiche di una sezione è il diametro, il cui incremento o decremento permette geometrie differenti delle sezioni e, di conseguenza, di usare materiali differenti, con costi differenti e qualità differenti.

 La componente tecnologica, quindi, è sempre più importante per la realizzazione di un prodotto di alto livello…

La tecnologia, anche in questo campo dell’industria, ha assunto una importanza via via maggiore negli anni; non bisogna pensare, però, che sia solo una questione di software e tecnologia. La componente umana rimane comunque imprescindibile, poiché sono le sensazioni in pesca e la sensibilità di chi testa la canna a dare al progettista gli imput e le indicazioni per le eventuali correzioni, che ci sono sempre, che portano dal progetto iniziale al prodotto finito per il cliente.

la scheda tecnica delle varie sezioni che compongono la canna. Qui è riportata la geometria delle varie sezioni, cioè il profilo che ogni sezione ha ed i materiali che la andranno a comporre. Ad una visione sommaria una sezione può apparire come un tronco di cono molto allungato. In realtà può avere un profilo più complesso, poco apprezzabile alla visione, si parla di centesimi di millimetro, ma fondamentale per determinarne l’azione. Ogni sezione, in definitiva, ha la sua logica e la geometria della canna influisce almeno quanto il materiale con cui è realizzata, se non di più, sulla azione e la qualità dell’attrezzo finito.”

La scheda tecnica di realizzazione di una canna

Nella scheda tecnica sono segnati gli stampi, i famosi mandrini, su cui vengono avvolti i tape di carbonio indicati. I mandrini sono gli elementi in acciaio o in alluminio su cui vengono laminati i pezzi di tape di carbonio, opportunamente calcolati nelle dimensioni, che al termine della lavorazione daranno vita ai vari pezzi della canna. Lo stampo non è mai cilindrico ma di conicità variabile nel suo sviluppo e, ovviamente, dovrà avere le dimensioni giuste al centesimo per far si che, al termine, ogni sezione si innesti nella precedente e nella seguente. Durante la lavorazione, sullo stampo vengono avvolti i pezzi di tape nei modi, nelle quantità e nelle dimensioni calcolate nel progetto e riportate sulla scheda tecnica. I mandrini sono realizzati da aziende esterne e sono prodotti estremamente tecnici, complessi da realizzare, con tolleranze nell’ordine di 1/100 di mm.”

I mandrini di una canna non si impiegano solo per quel modello infatti…

Un buon studio tecnico è anche quello che riesce ad assemblare mandrini di canne differenti, preesistenti, lavorando sulle caratteristiche dei materiali, riuscendo ad ottenere un attrezzo nuovo e dalle caratteristiche prefissate. Un bravo tecnico cerca di contenere anche il numero degli stampi da produrre, per contenere i costi. Anche in questo campo l’informatica ci aiuta, con le banche dati dei vari mandrini già impiegati, che il tecnico cercherà di riutilizzare applicandovi materiali differenti o differentemente assemblati, per realizzare un nuovo prodotto.

Spesso questo lavoro è svolto da un tecnico dell’azienda che produce praticamente le canne e le ditte rivenditrici scelgono un prodotto tra quelli proposti o chiedono un prodotto con alcune caratteristiche ma non hanno molto margine di azione sulla parte tecnica. Eravamo arrivati al momento dell’avvolgimento dei tape sui mandrini…vediamo.

Per realizzare ogni pezzo della canna vengono tagliate pezze di tape di forma e dimensioni segnate sulla scheda tecnica; questi vengono poi avvolti sul rispettivo mandrino, preventivamente trattato con dei liquidi distaccanti, nei punti indicati sulla scheda tecnica e quindi pressati, termoformati, con un film di polipropilene che, tramite il movimento di una sorta di tornio, viene avvolto a forte pressione sopra i fogli di tape arrotolati sul mandrino. In questo modo il carbonio viene compresso fortemente sullo stampo e ne prende esattamente la forma, compattandosi.

A questo punto il pezzo così composto viene polimerizzato, letteralmente cotto, tramite un forno o una autoclave, un forno che produce anche una pressione più o meno forte.

Questo procedimento è fondamentale per trattare le resine con cui è stato formato il tape inizialmente in fase di calandratura dei fili di carbonio. Senza le resine, che hanno una consistenza collosa, mielosa, il filamento di carbonio sarebbe inutilizzabile.  La resina ha, in sintesi, il compito di tenere in posizione le fibre di carbonio con cui viene accoppiata. Un esempio che può chiarire le idee è quello del cemento armato, in cui i tondini di ferro sono l’equivalente dei filamenti di carbonio, mentre il cemento è la matrice, la resina, che, una volta attivata, tiene assieme il tutto. Anche il cemento è un materiale composito, come il tape di carbonio. La resina ha bisogno di un “ciclo di cura” per attivarsi, per esprimere le proprie caratteristiche; questo “ciclo di cura” si ottiene tramite calore, generalmente 120/130°. Il vantaggio dell’uso dell’autoclave rispetto al forno è quello di creare una pressione fino a 8 bar che compatta ancora di più il composito carbonio/resina sul mandrino, creando un prodotto dalle caratteristiche ancora migliori. Purtroppo l’uso dell’autoclave non è così diffuso e questo determina differenti qualità di prodotto. Ad esempio in Cina la produzione con autoclave è piuttosto rara mentre alcune produzioni italiane ne dispongono. L’uso dell’autoclave non è però la norma, anche perché incide in maniera importante sul costo del pezzo. Terminato questo procedimento il mandrino viene estratto con attrezzi specifici e ci resta la nuova sezione della canna, a cui viene poi tolto anche il film di polipropilene che vi era stato arrotolato sopra prima della cottura.

E’ importante spendere due parole sui vari tipi di polipropilene che possono venir usati, perché da esso dipendono sia alcune caratteristiche meccaniche del prodotto, e qui si entra in un campo “riservato” che non posso spiegarti per ovvii motivi industriali, che l’aspetto estetico del pezzo. Infatti, a seconda delle caratteristiche estetiche del film impiegato (lucido, satinato, con disegni o colori vari ecc.), il pezzo finito riporterà in superficie queste caratteristiche che ne cambiano l’aspetto. Questa idea è comunque fonte di brevetti delle varie aziende che in questo modo possono decidere di determinare l’aspetto estetico finale delle proprie canne.”

A questo punto il pezzo è terminato…o quasi. La struttura ha assunto le caratteristiche finali. Si procede al taglio delle estremità sino a farlo divenire della lunghezza prefissata sulla scheda tecnica e, se deve essere soggetto a verniciatura, deve essere levigato leggermente per far si che le vernici possano attecchire perfettamente. E’ a questo punto che vengono applicati adesivi, etichette, serigrafie che ne determineranno l’aspetto che poi il cliente trova nella vetrina del negozio. Anche queste lavorazioni sono eseguite in un reparto apposito dell’azienda produttrice.”

 

 

Ed ecco che entrano in gioco gli esperti, i campioni

A parte un confronto iniziale sull’idea da realizzare con il nuovo prodotto, entrano in gioco nel momento in cui si ha il primo prototipo. Questo viene provato in simulazione ed in pesca e poi riportano le loro impressioni, le piccole modifiche che reputano giuste per creare il feeling voluto. A volte dall’ideazione al pc al prodotto finito ci possono essere differenze abbastanza importanti e quindi occorre modificare il progetto anche in maniera sensibile.”

 “Occorre fare una distinzione tra materiali originari, il filato di carbonio, e le resine ed i processi costruttivi. Come materiali di carbonio stiamo usando da un po’ di tempo il top del settore per questo impiego, cioè gli unidirezionali in alto ed altissimo modulo.  La grande evoluzione nel settore fibre si è avuta dalla metà degli anni ’80 per almeno un decennio. In quegli anni nascevano continuamente nuove fibre, con caratteristiche migliori, quindi realizzare canne più belle era relativamente facile. Da circa una quindicina d’anni in questo settore non ci sono state grosse evoluzioni e quindi i settori su cui si lavora già da un po’ di tempo sono quelli delle resine impregnanti e delle geometrie delle canne. E’ stato in questo ambito delle resine che si sono sviluppati studi e ricerche che hanno fatto evolvere il prodotto finito nel recente passato, addizionandole con materiali vari affinché riescano a far lavorare sempre meglio la fibra che impregnano, magari con contenuti di resine sempre minori, a tutto vantaggio del peso finale della canna.” 

Ma veniamo a noi

Poco più di dieci anni fa se non ricordo male, arrivarono in Italia le prime canne specifiche per questa tecnica. Ancora oggi, mi ricordo quando spavaldamente ne ordinai due in un negozio di Catania, appena le vidi promuovere al proprietario di Blue Springs. Le prime due canne Yamashita modello Naori le ebbi io pagandole un occhio della testa. E da lì non mi fermai più nell’acquisto di canne specifiche per l’Eging. Posso dire di aver provato dalla canna con un costo più contenuto, ma non necessariamente di minor valore tecnico come la Daiwa Legalis, fino al Top mondiale rappresentato a mio parere dalla Super Calmaretti AT.

Per chi dovesse storcere il naso in merito alla mia affermazione sul top di gamma, prima lo invito a pescarci e poi ne riparliamo. Ma vediamo il perché.

Ecco dove voglio arrivare. Sono certo che se dovessi consigliare una canna ad uno che inizia oggi, non potrei consigliargli certo una canna al top di gamma. E’ un po’ come se volessi consigliare ad uno che inizia a giocare a tennis la stessa racchetta con cui McEnroe (più volte numero uno al mondo nel tennis) affrontò il torneo di Wimbledon.

                              

Sarebbe fuori luogo per diversi motivi, tra cui un prezzo esagerato per una tecnica che non ha mai fatto, per cui non è detto che vi si appassioni, e poi sicuramente non saprebbe apprezzare tutte le caratteristiche intrinseche ed estrinseche di quell’attrezzo. Ne tantomeno apprezzerebbe la sensibilità, la schiena, la potenza di lancio, l’ergonomia dell’impugnatura, le tecniche costruttive di carboni intrecciati in determinate maniere, anelli in titanio con pietra in Torzite etc., etc.….

Per chi inizia serve tutt’altro. Ma faccio sempre una premessa, dicendovi che non sempre il prezzo determina una canna dalle ottime fatture, diverse volte si paga solo il marchio. Per cui vi invito sempre a fare una attenta analisi dei prezzi, dei materiali costruttivi, e se possibile di provarne una in pesca prima dell’acquisto. Dalla serie fate quello che vi dico ma non fate quello che faccio io. Spesso io compro e poi vendo perché non mi ci trovo ma non è questa la strada corretta.

 Purtroppo si sente anche dire tramite video pubblicati su YouTube che pescare con una canna da cento euro o pescare con una canna da quattrocento è la stessa cosa. Niente di più falso, ma bisogna vedere le aziende costruttrici. Infatti ci sono marchi blasonati che propongono canne da oltre quattrocento euro che a mio parere non ne valgono la metà. Ma si fa presto a spiegare il perché. La canna deve essere prodotta da una Azienda, spesso cinese, la vende a sua volta alla famosa azienda che glie la commissiona, a sua volta la prende l’importatore in Italia, che poi la deve vendere al negoziante e lui a sua volta ai clienti. Quanto pensate che possa realmente valere? La cosa cambia se chi la importa e la vende ai negozianti, la fa produrre direttamente. Più passaggi si saltano e a mio avviso, migliore sarà il rapporto prezzo qualità. Per questo vi dico informatevi delle caratteristiche delle canne e dei suoi componenti.

Non è neanche vero che una anellatura base fatta con struttura in acciaio (si fa per dire) e pietra in alconite può essere valida tanto quanto anelli in titanio e pietra in torzite. Qualcuno sostiene che tanto con la pesca ai cefalopodi non si sfrutteranno mai queste caratteristiche al top di gamma.

·         Niente di più falso. Se il vento vi fa cadere una canna con una anellatura modesta, spesso si piega la struttura dell’anello andando ad incrinare la pietra, voi non ve ne accorgete, ma prima o poi in un lancio vi partirà anche la pietra. La Resilienza è la proprietà di resistere a forti e violenti urti. Gli urti sono il peggior nemico della ceramica. La torzite ad esempio ha una caratteristica speciale che assorbe gli urti come se fosse una molla. Grazie allo spessore ultra sottile, il peso degli anelli risulta essere inferiore, anche con diametro degli anelli più grande, resistendo esattamente come la ceramica Sic. La TORZITE ha consentito una riduzione di peso della pietra del 40% rispetto al SiC, e l’utilizzo del Titanio ha ridotto il peso complessivo dell’anello di circa il 10%. Inoltre, il diametro interno della pietra TORZITE è maggiore del 15% rispetto al SiC. La torzite ha un ridotto coefficiente di frizione, la particolare forma appiattita della sezione trasversale della pietra in TORZITE raddoppia la superficie a contatto con il filo rispetto al SiC. Grazie a questo la pressione è ridotta del 50% rispetto al SiC. Con gli anelli in torzite si ha una Minor Usura della Lenza: la torzite riduce notevolmente il calore generato dalla frizione con la lenza grazie alle proprietà del materiale altamente conduttivo e garantendo così maggior durata.

 

·         La TORZITE garantisce maggior durata al filo, 4 volte superiore al SiC.  (fonti riportate dal sito Fuji).

 

                                            

Ma ciò non basta. Nel tempo una canna con anelli comuni pur lavandola in acqua dolce, essi faranno un minimo di ossido che gonfierà la struttura incrinando gli anelli. Ma parliamo del carbonio. Se una canna cade e va ad urtare una piccola pietra, rischia di fessurarsi, per poi andarsi a rompere prima o poi durante una frustata nel lancio. Dico queste cose, perché mi sono tutte capitate. Un carbonio con struttura Nanoalloy, questo problema non lo ha. Per poi non parlare di carboni intrecciati con Kevlar, fusti privi o quasi di resine perché prodotti con Autoclave Tecnology. Questa mia breve divagazione si è resa necessaria per rispondere alle inesattezze dette da Pro Staff che purtroppo certe aziende scelgono senza criterio. Io di mestiere faccio il tecnico per una delle più grandi aziende del mondo nel settore veicoli 2 ruote e son abituato a sviscerare problemi alla ricerca di soluzioni per accontentare clienti esigenti e molto documentati. Pertanto sentire certe bestialità mi fa inorridire. Ovvio che come già detto non si deve spendere subito una vagonata di euro per una canna al top. Oggi con poco più di cento euro si trovano degli attrezzi di ottima fattura, con un ottimo rapporto prezzo qualità.

 

       Le canne a seconda delle Aziende produttrici, potranno avere una differente Azione.

       L’Azione è un indice che descrive la quantità di flessione del fusto sottoposto ad uno sforzo ed esprime         indirettamente, la velocità con la quale il fusto tornerà nella sua posizione di partenza. È influenzata prevalentemente da due aspetti; dalla tipologia di materiale usato e dalla scelta costruttiva. Le azioni sono fondamentalmente cinque: Slow-Medium-Medium Fast-Fast ed Extra Fast.

L’azione Slow indica l’azione più morbida, il cui fusto si flette molto e impiegherà più tempo a tornare nella sua posizione iniziale, la Extra Fast esattamente al contrario.

Ma vediamole nel dettaglio:

Azione EXTRA FAST  la canna si flette prevalentemente in punta.
Azione FAST  la canna si flette tra 1/3 e ¼ della lunghezza del fusto dalla punta.
Azione MEDIUM FAST  la canna si flette oltre a 1/3 dalla punta.
Azione MEDIUM  la canna si flette fino a metà della lunghezza.
Azione SLOW  la canna si flette fino  quasi arrivare al manico

                                                                             

La scelta dell’azione della canna dipende da molte considerazioni. In Primis dalle nostre preferenze per affrontare questo stile di pesca. Ovviamente se si pesca la seppia fondamentalmente occorrerà una canna più morbida, se si insidiano calamari una canna più rigida, ma non è sempre vero, perché questa scelta è determinata da diversi fattori, tra cui la misura degli egi adoperati, e la profondità di pesca. Lo stile di pesca (cosa molto importante per determinare un corretto acquisto).

 

Pescare in acque molto fonde con canne troppo morbide, ritarderà il tempo di ferrata se si adoperano egi pesanti, meno con egi più leggeri. Utilizzare canne troppo fast, con piccoli egi e in condizioni di scarsa profondità significherebbe rischiare di strappare i tentacoli ai cefalopodi o non ferrarli correttamente. La riposta di una canna dipende anche dal tipo di “lenza” utilizzata, infatti se pesco con del nylon, che ha un discreto allungamento in percentuale alla sua lunghezza, la mia ferrata dovrà essere tanto più energica su una canna con azione che tende ad essere più medium che non su una con azione fast. Con l’uso dei trecciati, praticamente anelastici (quindi privi di allungamento), la cosa cambia, rendendo molto reattive anche canne con azione Medium ma di buona fattura.

 

Altrettanto inutile è comprare una canna costosa ed abbinarla ad un mulinello modesto o scarso.

Ricordiamoci, ma poi lo vedremo in un articolo specifico, che il mulinello, nel nostro insieme rappresenta il cuore della nostra attrezzatura.

 

Un valore intrinseco della canna, è la Potenza, elemento che determina sia il lancio, ma spesso anche la sua precisione nell’eseguirlo, la gestione dell’esca e il delicato momento della ferrata nonché del recupero. L’importanza della canna e la sua scelta, sono fondamentali per poter animare nel modo più corretto un artificiale, spesso realizzato in plastica ed eventualmente in rari casi di prodotto artigianale, di legno.

 

Quale sia il modo più corretto di animare la nostra totanara, non lo stabilisce nessuna regola scritta, ma bensì è dettata dalle circostanze di quel preciso momento, dove i cefalopodi possono attaccare l’artificiale scambiandolo per pesce foraggio, quindi per fame, o per semplice istinto predatorio, o di difesa territoriale se stimolati nelle dovute maniere.

 

 

La Lunghezza della canna si sceglie in funzione delle proprie preferenze, spesso dettate dalle circostanze degli ambienti in cui si va a pescare. Se peschiamo da moli portuali o da pontili, quindi saremo abbastanza alti dall’acqua, preferibilmente sceglieremo una lunghezza appropriata anche in funzione della tipologia di stile di pesca (Japan Style o altra tecnica), delle condizioni meteo che prevalgono sulla zona (vento ed altro), ma comunque ci orienteremo su misure dagli 8,5 piedi fino ad arrivare ai 9 piedi ed oltre.

 

 

Se la nostra azione avviene prevalentemente da spiagge, sarà scelta anche in funzione della nostra altezza corporale, ma di base ci si orienta fino a canne massimo di 8,3 piedi. Poi ognuno ovviamente è libero di fare e pescare come crede, queste sono considerazioni mie personali, dove tengo conto anche di ciò che vedo fare ad altri pescatori addentrati nel settore Eging.

Perché una canna più corta dalla spiaggia? Perché si rischierebbe dando delle jercate dal basso verso l’alto e viceversa, di urtare l’apice della canna contro la spiaggia, spesso fatta se ciottoli di pietra. Questo ne comprometterebbe la durata dell’attrezzo e una corretta azione di pesca.

                                                                                                     

                                                        

Tabella Comparativa unità di misura Piedi/centimetri

1 Piede

 

   3,48 cm

Piedi

 

Centimetri

 

 

5,6

168

6

180

6,6

198

7

210

7,6

230

8

240

8,3

250

9

270

10

 

305

 

La canna deve essere sempre dotata di Sensibilità al fine di poter percepire al meglio ogni minimo segnale che i nostri amici cefalopodi ci danno, spesso solo “accarezzando” il nostro Egi.

Con l’amico Claudio, compagno di grandissime pescate nel passato, insieme si diceva che i totani, così sono chiamati per qualche strano e ancora non ben noto motivo i calamari in Toscana, si “dondolavano”, ossia si divertivano a dir nostro a farci impazzire senza mai decidersi ad un vero attacco.

 

 La prima canna che si compra ricordatevi che non è la canna con cui pescherete per sempre, possibilmente cercherete sempre attrezzatura più performante. Il mio parere è che in mare ci si va con il meglio che si riesce a reperire secondo le proprie possibilità economiche. Non fatevi illudere da coloro che dicono “tanto i cefalopodi mica vedono la canna con cui peschi!!”

 

 

Verissimo, mi preoccuperei se fosse così, mi sentirei addirittura spiato. La canna e le sue caratteristiche servono al pescatore per migliorare la sua azione di pesca, e perché possano durare nel tempo specialmente se sollecitate da pescate giornaliere, o se tenute ferme per molto tempo. Queste cose devono essere chiarite per tutti.

Un ottimo modello per chi inizia questa affascinante e divertente tecnica di pesca, può essere la Canna Yakumo marcata Akami importata e distribuita da Sud Pesca . Prodotta con carbonio Toray, leader mondiale nella produzione dei fusti in carbonio. Nella prima sezione ha carbonio intrecciato a X per dare più potenza all’insieme fusto vettino, poi si coloro di un fantastico arancio fluo per essere ben visibile anche in ambienti meno illuminati, rendendo più facile individuare il vettino per un’ottima e pronta ferrata.

Le sue “misure”: 8'3'' Egi 2.0 - 3.5 PE 0,4-1,0

L’ottimo rapporto prezzo qualità, farà apprezzare le sue caratteristiche anche a chi è già più esperto.

                              

       

Oppure si puo’ andare su una fascia di prezzo un po’ più alta scegliendo tra le mille proposte che il mercato offre facendo sempre attenzione come già detto a confrontare prezzi con caratteristiche offerte dal costruttore.

Un capitolo a parte lo meritano le canne da eging con azione Slow Taper e quelle canne con il Solid Tip(vettino pieno).

Le prime hanno spesso percentuali di Carbonio superiori rispetto ad un uguale modello ad esempio marchiato con la lettera L(light).

Al contrario dei modelli Fast, le canne Slow taper a “flessione lenta” o con azione completamente parabilica, offrono  vantaggi al pescatore quando combattono pesci/Cefalopodi di grandi dimensioni con lenze leggere. Questo “flex” aggiuntivo permette alla canna di assorbire la forza del pesce rispetto alla lenza.

Le canne con vettino pieno(Solid Tip)

In generale, le canne da pesca da Eging e altre sono disponibili in due stili, con punta solida(piena) o tubolare; entrambi i modelli sono progettati per essere estremamente sensibili. Se utilizzate in combinazione con un filo a bassa elasticità come il trecciato, queste canne ti danno la possibilità di sentire  l’urto dell’esca che tocca il fondo o altro.

Tuttavia, ci sono alcune differenze nelle azioni di entrambi i modelli che le rendono più adatte a diverse applicazioni.

 

Differenza tra vettini LRF con punta solida e tubolare

 

 

 

Vettini o punte “ tubolari”

Le punte tubolari sono adatte per applicazioni in cui è necessaria una punta più rigida, come quando si lavora con  Jig squid più pesanti. Tuttavia, poiché sono più rigidi, offrono un po' più di resistenza ai pesci che afferrano l'esca, instaurando in essi un coportamento alle volte sospettoso che puo’ anche portare all’abbandono della azione di attacco. Le canne con punta tubolare tendono ad offrirti un po' più di sensibilità rispetto alle canne con punta solida e sono ottime per far muovere al meglio i nostri Egi più pesanti sul fondo..

 

 

 

Vettini solidi

Le canne a punta solida hanno una punta solida in carbonio o fibra di vetro simile a una canna da feeder. Questi sono meno adatti per lavorare con esche più pesanti poiché la punta si flette molto, rendendo difficile ottenere l'azione desiderata. Vanno bene per la pesca con totanare più leggere e per ridurre la resistenza avvertita nella ferrata . Il cefalopode puo’ ferrare la totanara e la punta morbida dalla canna non offrirà alcuna resistenza, il che si traduce in prese sicure e un minor spspetto nell’attacco dell’artificiale. Questo tipo di vetta morbida e solida fornisce anche un'ottima indicazione visiva su quando un Cefalopode “assaggia” la totanara, poiché proprio come in una canna da feeder, la punta si contrae e si curva senza che il pesce lo senta.Spesso sono vettini con un colore diverso dal nero proprio per essere individuati velocemente e poter ferrare nel migliore dei tempi di reazione del pescatore.

Nel prossimo capitolo parleremo di: “Mulinelli”

Grazie per avermi seguito

Un saluto a tutti gli amici di Sud Pesca che mi seguono.

Paolo Gavazzeni   

  

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